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  • Femmine Difformi project

La vita senza

Conversazioni con l'autrice a cura di Tiziana Moggi



Un racconto, che, dopo la scomparsa di Maria Gialla, ripercorre le tappe della vita trascorsa, fra alterne vicissitudini, insieme ad Azzurra.

Si narrano i ricordi, le emozioni vissute in un arco di tempo di circa cinquanta anni.

Il racconto non segue un vero e proprio ordine cronologico, ma tutto fluisce in modo sinestetico.

La forza dei legami, della condivisione profonda, che trascende la morte e inneggia alla vita, ad una vita “a colori”: questo il filo conduttore del testo tenuto con leggerezza dall’autrice.


Quanto segue può avere il sapore di una intervista, ma è stato piuttosto un modo di raccontarsi, dandoci appuntamento sulla riva del mare, parlando con il ritmo cadenzato delle onde in sottofondo.


Sono curiosa di confrontarmi con Daniela sul suo essere scrittrice, così le chiedo:


“Che sensazione, emozione ti dà avere un libro pubblicato?”


Resta un attimo in silenzio e poi:


”E’ una cosa stranissima. Quando mi sono arrivate le prime copie ho esitato ad aprire il pacco. Avevo lavorato tanto soprattutto sulla copertina ed avevo paura che le mie aspettative fossero deluse e che il disegno scelto non rendesse l’idea di quanto volevo raccontare. Non è stato così e una volta tenutolo tra le mani ho provato molto nettamente una sensazione di riconoscimento e la certezza che la pubblicazione di questo libro fosse senza ombra di dubbio quello che “doveva” essere.”


Per me, aggiungo, ed è una riflessione ad alta voce, scrivere risponde ad un bisogno, ad un piacere di dare corpo a emozioni che premono dentro. Quale la tua urgenza?


“Si. Scrivere è un bisogno. Scrivere è catartico e non importa se si tratta di un racconto, di una poesia, di un articolo o del resoconto di un viaggio. Qualcosa preme per uscire e in ogni parola c’è una piccola parte di noi. In fondo in ogni forma d’arte ritroviamo frammenti emotivi dell’autore stesso. In questo libro in effetti c’è un’urgenza.

Quella di far conoscere un personaggio al femminile che di creatività ha riempito i suoi giorni e i giorni di chi ha condiviso anche un solo tratto della sua strada. Quella di incasellare emozioni e ricordi per non permettere alla vita di farli sbiadire. Quella di trasmettere un messaggio pieno di colori che permetta di stemperare il grigio di un’anonima quotidianità con un po' di leggerezza ed ironia”.


Ho letto il libro, me ne ha regalato una copia con una dedica preziosa. Ho avuto suggestioni, mi sono sorte domande e allora mi piace verificare quanto siano una mia proiezione, quanto appartenga all’anima del testo e così le chiedo se si possa definire questo suo narrare un “duetto” intimo e profondo fra due donne, per me ugualmente protagoniste.


“Assolutamente sì perché di un “duetto” si tratta. Il legame intimo e profondo non ha bisogno di dialoghi. Continua anche nel silenzio e nell’assenza/presenza. E se ad un primo impatto Azzurra sembra essere il cantastorie in realtà è solo l’altra faccia della medaglia.”


“E se di “duetto” si parla, le protagoniste sono due. Maria Gialla e Azzurra sono indissolubilmente legate. L’una non calca le scene senza l’altra. Azzurra è l’io narrante che diventa co-protagonista suo malgrado perché senza la sua voce Maria Gialla perderebbe i contorni. L’antagonista è senza dubbio la malattia che si affaccia e si ripropone a distanza di tempo. E non è l’antagonista per cui si può provare simpatia. E’ quello che trascina la storia verso una fine ineluttabile”.


Sulla scia di questo ultimo passaggio, mi riaffiora il volto di Maria Gialla, quello solare, apparentemente intangibile alla sola idea del male.

Interrompo il silenzio di qualche attimo chiedendole:


“Se tu dovessi tracciare con due parole il profilo delle due donne del racconto, come le tratteggeresti?”


“Maria Gialla libera e solare ... Azzurra introspettiva ed emozionale” risponde di getto e dentro di me concordo con le definizioni.


Per la mia esperienza, affermo, quando si mette un punto alla frase conclusiva si prova o un senso di grande sollievo e leggerezza, perché si avverte la compiutezza o, viceversa, una certa inquietudine perché si evidenzia la mancanza di un non detto. Quale la tua posizione al momento in cui sei arrivata al finale?

Domando per verificare se gli stati d’animo di chi scrive possano concordare.


“Direi che arrivata alla frase conclusiva ho semplicemente avvertito una sensazione di liberazione e completamento.” Risponde in modo immediato.” Avere dato voce alle emozioni mi ha fatto sentire al posto giusto e mettere la parola FINE mi ha portato ad essere in pace con me stessa. Di solito un autore fa fatica a lasciare il suo personaggio principale. Per me non è stato così perché il personaggio principale fa parte di me.”


Leggendo mi sono sottolineata alcuni passaggi che, per modalità e contenuto mi hanno colpita, suggestionata. Così, aspettando che il rumore assordante di un motoscafo svanisca in lontananza, le chiedo:


“Quale è il passaggio a cui sei più legata?”


Ha il libro fra le mani, lo sfiora, lo apre e:


“I passaggi sono Tanti. Uno tra tutti pag. 95 “tu ed io che cerchiamo di salvare il salvabile del mio chalet smontato per poter avere un pezzo di passato da conservare e ridiamo, un po' per ridere e un po' per malinconia. Ridiamo. Ridiamo come due bambine pur non essendolo più da un pezzo, coperte di formiche che tra quelle assi han fatto casa, resistendo, spostando e rispostando cose senza deciderci a lasciarle andare.” Direi che questo dice molto.


Passano sulla riva i bagnanti, per un attimo rimaniamo in silenzio. Ma un’altra domanda mi urge, vorrei che potesse tratteggiare con qualche altro particolare, queste due donne.

Sorride e di getto:


”Due bambine fortunate. Due adolescenti entusiaste. Due donne ben consapevoli del loro legame. Maria Gialla gioiosa ed incontrollabile. Azzurra sensibile ed accudente. Ti riporto un passaggio di un mio piccolo testo (esemplificativo) che si intitolava “MI RICORDO” Eccolo. Forse ti è di aiuto. “Mi ricordo due bambine inseparabili sempre pronte a combinare qualche pasticcio. Maria Gialla ed io. Due cugine. Anzi di più, due metà di una stessa mela. Complementari ma diametralmente opposte. Una sempre sull’orlo di un baratro, l’altra sempre pronta a riprenderla un momento prima della catastrofe. Connubio perfetto. Intesa eccellente. Stessa stoicità di fronte alle frequenti e meritate punizioni. Stessa omertà. Stessa capacità di difendersi vicendevolmente ad oltranza. Stessa infanzia. Stessi sogni. Mi ricordo due ragazze inseparabili fonte inesauribile di confidenze una per l’altra. Stessa adolescenza. Stesse compagnie. Stessa voglia di vivere. Mi ricordo due donne inseparabili, mogli e madri con le stesse esperienze alle spalle e le stesse insicurezze da affrontare. Maria Gialla ed io. Due cugine. Sempre e comunque due metà della stessa mela.”


Mi ha incuriosito la scelta della citazione su “La ragazza dello Sputnik”, così le chiedo chiarimenti.


“Murakami è un sottile conoscitore dell’animo umano. La storia di Sumire e Myu è raccontata con delicatezza da un narratore senza nome che ama Sumire non ricambiato ma che condivide con lei un’amicizia potentissima. Quando Sumire scompare senza lasciare traccia l’assenza/presenza è molto netta e raggiunge l’apice nelle ultime pagine del libro. “la cosa più importante che era rimasta non era la presenza, ma l’assenza. Non il calore della vita ma l’immobilità dei ricordi”. E tutto questo si sposa perfettamente con il mio testo.”


Le dediche sono una regola editoriale, affermo, ma dietro a ciò si cela sempre molto altro e qualcosa di profondamente sentito. Così mi incuriosisce sapere l’origine della sua scelta.


“La dedica fatta ai miei figli e ai miei nipoti è l’augurio di una vita piena di vitalità. Mai grigia e monotona. Una vita da affrontare con leggerezza ed ironia anche di fronte alle avversità che inevitabilmente si presentano nel cammino di ognuno di noi. E in fondo è l’augurio che faccio a tutti i ragazzi del mondo. Vivete a colori.”



Daniela, se questo nostro chiacchierare, fosse una vera intervista, alla fine di questa conversazione quale la domanda che avresti voluto avere e non hai avuto?


“Ti passo la palla. Non saprei...o forse si. Se questa storia può essere storia di tutti indipendentemente dal risvolto personale del racconto? La risposta è sì perché i temi ricorrenti tipo la complicità femminile, la condivisione, la malattia, la perdita possono appartenere a chiunque quindi tutti ne possono fare storia propria.”


Rimaniamo in silenzio.

Le parole cedono allo sciabordare della risacca del mare, alle voci dei bambini che costruiscono castelli sulla battigia.

Fotogrammi di ricordi scorrono negli occhi.


“Si è fatto tardi, devo tornare a casa” dice rovistando nella borsa da spiaggia.


“Anche per me è l’ora di rientrare, grazie di questi momenti e per il tuo libro”


Ci salutiamo con la promessa di vederci anche fuori dalla spiaggia

Chissà!



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