Parole parole parole - non solo parole
riflessioni di Tiziana Moggi
Metti una sera di metà giugno, Capoliveri, un piccolo anfiteatro con affaccio sul mare, giusto a destra in un vicoletto laterale allo scorrere della movida elbana…
Lì, nell’anfiteatro Vantina, ho fatto un incontro non casuale, ma atteso, ben incastrato nella mia settimana di vacanza in quell’isola magica.
Amo le parole, da sempre, fin da piccola, mi hanno affascinato: il loro suono, l’eco che creano nell’incontrarsi e scontrarsi mi stupiscono e sorprendono.
I miei studi in seguito si sono incentrarti sulla loro origine, storia, sul loro significante e significato, sulla loro essenza e potenza, perché le parole non sono solo riverberi, ma sostanza ed azione.
Così, da quando ho iniziato a seguire, oltre ad altri esperti del settore, Vera Gheno, (grazie a mia figlia che mi dà sempre buone dritte), i suoi interventi, i suoi podcast Amare parole, hanno contribuito ad allargare e approfondire la mia passione.
Il 14 giugno scorso, a Capoliveri, la sociolinguista Vera Gheno presentava il suo ultimo libro Grammamanti, non solo un momento di promozione, ma una conversazione nutriente e illuminante.
Nel suo parlare semplice e chiaro, nell’affrontare in modo “leggero” argomenti pesanti, mi sono sentita a casa, mi riverberavano le sue riflessioni, spiegazioni e una volta di più ho confermato dentro me quanto sia fondamentale, soprattutto oggi, anche se lo è sempre stato, porre attenzione alle parole che usiamo.
L’importanza dell’utilizzo del lessico non ha niente a che vedere con un fatto accademico, formale o estetico, il motivo è che i nomi, gli aggettivi, i verbi sono sostanza, un materiale che si può trasformare in cura o in potente veleno e per questo vanno usati con cura e cautela.
Il linguaggio è una forma di comunicazione che rende la specie umana unica, un potere che ci rende animali narrati e narranti. Un potere che può creare unione, alleanze e al contrario barriere ed esclusioni.
In una società che va prendendo sempre più consapevolezza delle infinite sfumature della struttura su cui si basa, è necessario e inevitabile che il modo di esprimerci sappia elaborare fonemi che calzino bene concetti nuovi, pensieri multiformi.
La lingua è un elemento fluido, morbido che nei secoli si è modellato, modificato prendendo nuovi contorni.
Dante, Boccaccio, giusto per citarne due, sulla cui grandezza non credo si possano avere riserve, hanno fatto una grande operazione di comunicazione, oltre che letteraria, adeguando la lingua ad un contesto sociale, politico, culturale che stava mutando e di cui avevano sentore e consapevolezza.
C’era bisogno di dare voce a tutto ciò.
Loro lo hanno fatto pur fra critiche e ostacoli.
Hanno dato vita ad un movimento.
Oggi c’è bisogno di riformulare, ampliare, il nostro vocabolario per dare sostanza, visibilità a ciò che intorno a noi si sta evolvendo e modificando, soprattutto per quanto riguarda la questione di genere, ma non solo ovviamente.
Riporto un passaggio della Gheno:
"Quando nasciamo, oggigiorno, di solito accadono due cose. Prima di tutto, il personale medico che di norma ci assiste ci assegna un sesso biologico, fondamentalmente in base ai genitali che esibiamo: «Che bel bambino! Che bella bambina!». Inizia così il nostro percorso di socializzazione come maschi o femmine, tertium non datur.
Eppure, la questione non è affatto così semplice. Per dirla con le parole di Victoire Tuaillon: il processo di differenziazione inizia quando la creatura viene al mondo. Immediatamente le viene attribuito un genere (maschile o femminile) dagli adulti, in funzione dell'aspetto degli organi genitali esterni. Pene e testicoli: è un bambino; vulva: è una bambina. Eppure, sappiamo che in un numero di casi per nulla trascurabile, non è sempre così evidente. Ma bisogna assegnare un genere, la cui fabbricazione si prepara fin dalla nascita (e anche prima): diamo al bambino un nome, lo vestiamo con certi abiti di determinati colori, fantastichiamo su come sarà la sua vita da adulto - medico o soldato, gestirà l'azienda di famiglia, sarà questo, quell'altro... Impossibile sfuggire a questa differenziazione. Potrebbe sembrare irrilevante, ma non lo è affatto: un processo che condiziona i comportamenti, quelli del neonato e quelli degli adulti attorno a lui."
Aggiungo una mia riflessione, corroborata anche dalla lettura del sopraccitato testo:
la nostra esistenza quindi inizia con un atto verbale, un momento che stigmatizza il nostro essere.
Non mi pare sia cosa di poco conto e che l’uso di quei vocaboli sia solo questione formale, bensì abbia una profonda e pesante valenza.
L’uso dello ǝ, (sicuramente un modo anche provocatorio per sollevare il problema), dell’asterisco, di termini usati al maschile e femminile per ovviare al maschile sovraesteso, ma ancora meglio la presa in carico di espressioni generiche come: persone, comunità…, l’attenzione a espressioni che valutino le n-word o espressioni razzializanti, devono essere accolte, non ostacolate, derise e liquidate con sorrisino del “ah! politically correct”.
Rappresentano la nuova, doverosa consapevolezza, la presa in carico di un modo di esprimersi che sia rispettoso delle diversità, di esseri che sanno evolversi come l’aria che cambia.
Un modo per rendere onore alla nostra specie che è di animali intelligenti, che “intelligono”, cioè sanno percepire, intuire.
Avversare i cambiamenti della lingua in virtù di una sacralità e intangibilità è sintomo di una rigidità che impania e limita.
Chanel, liberò le donne dai corsetti, stringhe, lacci e lacciuoli e non era solo stoffe, ma anche metafora di un sottotesto di Legami ben più stringenti.
Fece indossare loro pantaloni e abiti “liberi”.
Fu avversata, molto anche.
Perché?
Demoliva qualcosa, apriva la porta ad un cambiamento che veniva avvertito (a ragione) un grande cambiamento di schema.
Insidiava un potere.
Scardinare con le parole un sistema fa paura perché le parole, da sempre prerogativa di una casta, a partire dalle antiche civiltà, sono potere e il potere vuole restare inviolato.
Le parole sono azioni, non semplici suoni.
Tiziana Moggi
Foto di Silva Masini
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