UN PEZZETTO DI MEMORIA
Questo è un pezzetto della mia memoria che amo condividere.
Lei è Beppina, madre di mia madre, classe 1901.
Rimasta vedova a trent'anni con tre figli piccoli, cuoca e sarta alla fattoria di Scorgiano, riuscì a ricoverare mia madre e suo fratello dalle monache della basilica dei servi a Siena. Qui mia madre raccontava della fame del freddo e di una monaca che per spaventarla si svitava una gamba di legno e gliela metteva in mano.
Settanta anni dopo si commosse perché negli stessi locali si laureò mio figlio.
Ma non divaghiamo.
Beppina non aveva nessuna simpatia per il regime. Uno dei suoi fratelli perseguitato dai fascisti era emigrato in Brasile e non se ne era saputo più nulla.
Quando nel 36 il regime invase l'Etiopia e l'Italia ebbe sanzioni internazionali, fu lanciata la patriottica raccolta di oro e metalli per la patria, e mia nonna rifiutò decisamente di donare la sue fedi.
All'insistenza del fattore rispose prima che le avrebbe più volentieri gettate nel pozzo, poi che se non si chetava ci avrebbe buttato anche lui.
Poco tempo dopo mia madre con una poesia sulla primavera vinse un concorso che prevedeva l'invio di alunne e maestre a Roma il 21 aprile, con tanto di adunata e discorso del duce.
Beppina lesse la poesia, dette un bacio a mia madre, gli regalò una penna di pavone e gli spiegò che sarebbe rimasta a casa, che i fanatici meritavano di rimanere tra di loro.
La poesia è andata perduta, la penna di pavone la conservo sempre.Poi scoppiò la guerra, e tutto cominciò ad andare peggio.
Beppina un giorno disse a mia madre: "ma quella fanatica della maestra non te le canta più le canzoncine vincerem in cielo terra e mar? Non le mette più le bandierine sulle mappe geografiche? Altro che impero, qui faranno un gran cimitero!"
Agli inizi del '44 una famiglia di sfollati, padre madre e due figli di Firenze, furono accolti prima in fattoria, poi nascosti in un podere, erano ebrei. E tutta la fattoria sapeva e ne parlava a mezza voce.
Beppina fu chiara con mia madre e sua sorella, bisognava tacere, che quei disgraziati rischiavano la vita e loro che li aiutavano pure.
Tutto andò bene, nessuno li vendette ai fascisti senesi e ai nazisti, e quando chiedevo a mia madre se non avessero avuto paura, lei mi rispondeva di sì, molte volte, ma che altro non si poteva fare se non aiutare delle persone minacciate di morte per la follia umana.
Ecco, ci sarebbero ancora tante cose da dire su Beppina e mia madre, ma per oggi questo pezzo di memoria può bastare.
Foto in sucessione
sopra a sx: mia nonna Beppina
sopra a dx: carta d'identità di mia madre del 47, notare la dicitura fascista a professione "atta a casa" - mia madre in realtà era operaia alla Bertolli di Castellina
sotto: mia madre Marisa con Beppina, dietro con in mano una borsa chiara anni '40 a Siena
di Stefano Erasmo Pacini Biografia